In tempo di crisi, ma non solo, basta poco per essere felici. Un ritorno alla semplicità, ai tempi in cui ci si accontentava di poco e si aveva ciò che si aveva, senza anelare al lusso e alla ricchezza. Oggi succede il contrario: più si accumulano oggetti e denaro, meno ci si sente realizzati e contenti. Ma non basta stringere i cordoni della borsa: per cambiare davvero la propria vita, serve una rinuncia convinta al superfluo.
In psicologia esistono due teorie sulla soddisfazione dell’uomo. Secondo la prima, la differenza tra i bisogni fondamentali e quelli essenziali di un individuo si fonda su un modello a piramide. Alla base, ci sono i bisogni che si avvertono per primi, per esempio la sicurezza materiale, la tranquillità emotiva, le necessità fisiologiche. Poi, si passa a quelli interpersonali, come l’amicizia e l’amore. In cima, troviamo le necessità psicologiche e sociali, come l’autorealizzazione e la soddisfazione di sé.
Secondo questa ipotesi, l’individuo si realizza soddisfacendo in modo progressivo i vari gradi. Oggi questa gerarchia è stata scardinata e la società impone nuovi valori, basati non più su bisogni primari, ma superflui.
L’altra corrente interpreta i bisogni artificiali dell’individuo come frutto di un ingegnoso lavoro dell’industria commerciale per incrementare la produzione di merci. La felicità diventa una rincorsa all’ultimo prodotto o al bene di lusso. Ogni offerta del mercato è non solo allettante, ma imperdibile. Il raggiungimento dell’obiettivo ambito però, provoca entusiasmi di breve durata.
La bramosia non si placa, anzi si autoalimenta a ogni acquisto, innescando una spirale compulsiva di spese non necessarie. La frustrazione deriva dall’impossibilità di stare al passo con questo meccanismo.
I fautori di questa teoria affermano che i bisogni materiali, quando eccessivi, non sono più autentici, ma indotti. Vengono cioè creati artificialmente dalla società, con meccanismi di seduzione talmente abili, che rendono impossibile sottrarsi al loro richiamo.
La felicità, invece, come diceva lo psicoanalista Erich Fromm, è nell’essere, non nell’avere. Bisogna sforzarsi di svincolarsi da questo meccanismo e ripristinare la propria volontà di scelta. L’automobile o il cellulare sono beni utili o indispensabili per vivere bene, ma il desiderio di possederli non deve moltiplicarsi all’infinito.