Sempre più persone non hanno un lavoro stabile e duraturo e ciò produce uno stato psicologico ed emotivo che fino a oggi é stato sottovalutato da una parte consistente di osservatori e di legislatori, i quali sembrano non comprendere gli effetti che si determinano quando un individuo non intravede un futuro per sé e per la sua famiglia.
I sentimenti depressivi e l’angoscia profonda che derivano dalla mancanza di un progetto esistenziale gratificante hanno, infatti, portato alla nascita della sindrome da lavoro precario.
I più a rischio sono i giovani laureati, cresciuti con il modello genitoriale del posto fisso e con l’idea che l’università avrebbe loro spianato la strada verso occupazioni gratificanti, mentre la realtà spesso li obbliga a svolgere lavori che nulla hanno a che vedere con il loro percorso di studi e con le loro aspirazioni.
Per superare questi momenti difficili bisogna pensare positivo. Il pensiero di rado nasce spontaneamente positivo: per questo dobbiamo imparare a condizionarlo in tal senso, poiché il risultato finale è che noi siamo ciò che pensiamo. Ogni azione, infatti, segue un pensiero, un ragionamento, un modo di vedere le cose e di interpretare la realtà.
Pensare bene porta a vivere bene, o almeno a vivere meglio, mentre lasciare che i pensieri seguano il corso disordinato delle emozioni e degli stati d’animo porta a pensare male, vivere tristemente ed essere persone in lotta con il mondo. La difficoltà é imparare a pensare positivo anche nei periodi bui, quando le cose non vanno bene o ci si sente senza via di uscita.
Poiché i nostri pensieri influenzano ciò che ci circonda, sarebbe opportuno sforzarsi di pensare sempre in modo originale e favorevole, alimentando in questo modo il nostro pensiero laterale: così facendo, infatti, sarebbe possibile intravedere delle soluzioni alternative che prima non contemplavamo.
Occorre trovare motivazione e fiducia. La fiducia di base sta nella sensazione che “andrà tutto bene” anche nei momenti peggiori. E’ un sentimento che si sviluppa da piccoli, in famiglia. Nessun genitore è perfetto, perciò in pochi casi è integra. Rischiamo di rinunciare alle sfide con la scusa che “non ci interessano veramente”. In realtà i si e i no assoluti non esistono. Allora diventa importante imparare a governare le forze che ci spingono o ci frenano nella ricerca di un’occupazione più gratificante.