Un antico detto sostiene che non si può entrare nello stesso corso d’acqua due volte. Ogni volta è come immergersi in un fiume diverso, perché le condizioni cambiano: la temperatura, la flora, i microrganismi che popolano il torrente. Lo stesso avviene nel ruscello della vita: tutto è in continua metamorfosi. E’ un meccanismo inarrestabile, al quale non si può opporre resistenza. Rifiutare le opportunità che la vita offre è come cercare di nuotare controcorrente. Meglio lasciarsi trascinare dalla corrente? No, al contrario: la cosa migliore da fare, per non affondare, è muoversi.
Ogni giorno la vita riserva cambi di rotta. Alcuni di questi eventi sono desiderati e attesi, altri vengono imposti dall’esterno e arrivano all’improvviso, come una doccia fredda. Entrambe, comunque sono situazioni difficili da accettare e gestire perché alterano l’equilibrio dell’individuo, cioè l’insieme delle sue convinzioni e dei suoi valori di riferimento.
A questo proposito gli psicologi parlano di zona di conforto: è l’insieme di abitudini e rituali di ogni giorno, una sorta di morbido cuscino che fa sentire al riparo. Quando siamo costretti a uscire da questo guscio protettivo si scatenano una serie di sentimenti negativi: paura, spaesamento, confusione.
Nella mente umana è profondamente radicata l’idea che l’immutabilità sia una virtù: chi riesce a mantenere lo status quo è un vincente. Se invece una relazione amorosa finisce o un contratto di lavoro non viene rinnovato, significa che qualcosa, nel proprio modo di essere o di fare, non funziona. La stabilità è un bene, il cambiamento è un male. Non è sempre così.
I cambiamenti non sono mai positivi o negativi in sé, ma assumono una valenza migliorativa o peggiorativa seconda dell’atteggiamento mentale con cui vengono accolti e gestiti. Il primo passo, dunque, è spogliare il cambiamento delle sue connotazioni pessimistiche (di pericolo, minaccia, perdita) e dargli una veste più neutra (di possibilità, occasione, apertura).