Solo il 47,2% degli italiani riesce a mettere qualche soldino da parte, e il 44% è stato costretto a dover usare i propri risparmi a causa di una crisi che ha inferto delle ferite rimaste ancora oggi aperte. Un’indagine svolta da Intesa Sanpaolo e dal centro di ricerca Luigi Einaudi, descrive la cittadinanza italiana che guarda al futuro con grande preoccupazione e che cerca di soddisfare il proprio bisogno di sicurezza preferendo, agli investimenti, la “fuga nella liquidità”.
“Da un pò di tempo a questa parte, osserva Gregorio De Felice chief economist Intesa Sanpaolo, l’immagine dell’italiano formichina, dell’italiano risparmiatore, sta sbiadendo. Per effetto dell’alto tasso di disoccupazione, delle dinamiche salariali modeste e delle minori coperture previdenziali, la propensione al risparmio è scesa di quattro punti in dieci anni”.
A sentire di più e a denunciare l’impossibilità a ricorrere al risparmio sono in prevalenza persone che risiedono nel Mezzogiorno (67,6%); poi ci sono i giovani, i lavoratori a basso reddito, le famiglie che abitano in affitto. Con la collaborazione della Doxa sono stati intervistati 1.037 capofamiglia per lo studio “Indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani”, che viene proposto dal 1983. Ne è emerso che il 60% degli intervistati conserva più del 10% delle proprie sostanze sul conto corrente, e che il 30% vi lascia addirittura un terzo della propria ricchezza finanziaria. “E’ la fuga nella liquidità”, si legge nel rapporto, “un comportamento coerente con l’incertezza”.
Chi investe sceglie soprattutto le obbligazioni (24,6%), anche se, a differenza del passato, non le considera più un porto sicuro: la casa, per la grande maggioranza degli intervistati (82%), rimane la soluzione più confortante. Si registra, inoltre, “l’eclissi dell’azionario”: gli investitori residui, in prevalenza dirigenti, laureati e cinquantenni, sono concentrati nel Nord-Ovest (16,2%) e nel Nord-Est (16,8%).